Questione di termini

Una buona comunicazione può cambiare le sorti di interventi sul territorio avversati dall'opinione pubblica?
Sicuramente può aiutare ed è quindi in questa direzione che stanno pensando di muoversi gli industriali francesi interessati all'estrazione dell'osteggiatissimo gas di scisto.

Come già visto anche nella news pubblicata sul blog l'8 gennaio 2013, in Europa si inizia a parlare di combustibili fossili non convenzionali e a sondare il terreno circa il loro possibile sfruttamento, ma sono ancora molte le resistenze, in particolare nei confronti del gas di scisto, nate a causa della tecnica estrattiva utilizzata. Questo gas deriva infatti dalla fratturazione idraulica di rocce attraverso l'immissione a pressione molto elevata di acqua addizionata di sostanze chimiche, con un processo non del tutto esente da rischi: come riportato già l'anno scorso anche sul sito del Parlamento europeo,  l'estrazione potrebbe portare alla contaminazione di acque sotterranee, al rilascio di gas in atmosfera (con un conseguente aumento del livello di gas serra), all'aumento della sismicità e alla dispersione delle sostanze chimiche disciolte nell'acqua utilizzata.
Sempre però dal Parlamento europeo, in novembre, è arrivata un'apertura e "le commissioni all'Ambiente e all'Energia hanno suggerito agli Stati membri di regolare indipendentemente il diritto di utilizzare questa energia".
I Paesi europei che, visti i loro giacimenti, potrebbero sfruttare i gas di scisto sono la Polonia (già attiva su questo fronte), la Svezia e l'Austria. Sembrano però molto interessate anche altre nazioni come Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Francia.
In quest'ultima, l'estrazione è vietata anche a causa di una forte resistenza a livello locale e governativo e molti si chiedono se ci sia un modo per "addomesticare" l'opinione pubblica e avviare la produzione. Nell'interessante articolo pubblicato ieri su Le Monde, l'autore, Denis Cosnard, riporta quindi una panoramica su alcuni termini legati all'estrazione di gas di scisto e su quelli che sarebbe preferibile usare affinché questa energia non sia più vista come un pericolo.
A quanto pare, il termine che suscita maggiore ansia è quello legato alla tecnica di estrazione: parlare di "fratturazione idraulica" richiamerebbe eventi traumatici inflitti sadicamente a povere rocce inermi. Questa definizione andrebbe dunque cancellata, ma a favore di quale?
Le proposte sono molteplici, anche se alcune paiono quanto meno improprie: negli Stati Uniti, dove il problema semantico si è già manifestato,  si preferisce dire che la roccia non viene fratturata bensì "massaggiata". In altri casi, si è deciso di optare per un altrettanto fantasioso "stimolazione della roccia" oppure per il flebile "brumizzazione". Chi invece non se la sente di abbandonare il linguaggio medico, propone "fissurazione".
In questo variegato panorama di proposte, c'è anche un altro termine, "iniezione ad alta pressione", individuato lo scorso anno dall'Università della Louisiana che, utilizzato nei sondaggi al posto del più doloroso "fratturazione", ha portato gli intervistati a dare risposte più concilianti nei confronti del gas di scisto.
Una volta scelto il nome da utilizzare, bisognerà poi vedere se questo maquillage verbale sarà sufficiente a convincere l'opinione pubblica su quello che è e rimane un combustibile fossile.

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