Pensare di ridurre le emissioni di CO2 e arrivare a un bilancio neutro non sarà sufficiente ad arrestare l’aumento di temperatura globale dovuto ai cambiamenti climatici: sono queste le autorevoli considerazioni degli scienziati della Stanford University coinvolti nel Global Climate and Energy Project (GCEP). Per risolvere il problema, bisognerà andare oltre e pensare a ottenere un bilancio di CO2 negativo: ciò significa sequestrare dall’atmosfera questo potente gas serra e non permettergli più di entrare nel ciclo del carbonio.
Il mondo della scienza si sta quindi muovendo in questa direzione e una delle tecnologie più promettenti è quella BECCS ovvero “bioenergy with carbon capture and storage” (bioenergia con cattura e stivaggio di carbonio).
Questo tipo di tecnologia prevede l’utilizzo di biomassa vegetale (affiancata anche da combustibili fossili) per produrre, in particolari impianti, energia elettrica, prodotti chimici o carburanti (per esempio l’etanolo): la CO2 sviluppata durante questi processi viene catturata e stivata nel terreno a grandi profondità. Per semplificare, la vegetazione è quindi il “mezzo” per sottrarre anidride carbonica all’atmosfera e concentrarla in una forma che può essere gestita più facilmente dalla tecnologia con lo scopo di allontanarla dal sistema, ottenendo l’agognato bilancio negativo.
Tenuto conto del fatto che circa il 60 % delle emissioni globali di CO2 proviene dalle centrali elettriche e dalle altre industrie alimentate a carbone, gas naturale e petrolio, la BECCS potrebbe essere la soluzione più efficiente per ottenere dei vantaggi rapidi.
I limiti di questa tecnologia sono però ancora molti e sono di carattere economico e tecnologico: da una parte c’è l'alto costo della cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), dall’altra c’è il problema che i combustibili da biomassa non hanno ancora raggiunto un’efficienza tale da renderli attraenti. Una delle soluzioni proposte per ovviare al problema, si basa sull’applicazione di una carbon tax i cui proventi dovrebbero andare per degli incentivi alle BECCS.
Sempre sul principio delle BECCS si basa l’azione del biochar, una sorta di carbone artificiale, derivato dagli scarti vegetali attraverso pirolisi, in grado di catturare in sé carbonio in modo “stabile” e utilizzabile come fertilizzante in agricoltura. Su questo materiale però i dubbi sono ancora molti.
Il rapporto del GCEP prende anche in considerazione la possibilità di sequestrare il carbonio in mare, attraverso l’aggiunta di carbonato di magnesio e altri minerali all’acqua, con lo scopo di ridurne l'acidità e sequestrare CO2 atmosferica. Anche in questo caso si parla di ipotesi che vanno ancora verificate accuratamente per individuare i rischi connessi.
Il mondo della scienza si sta quindi muovendo in questa direzione e una delle tecnologie più promettenti è quella BECCS ovvero “bioenergy with carbon capture and storage” (bioenergia con cattura e stivaggio di carbonio).
Questo tipo di tecnologia prevede l’utilizzo di biomassa vegetale (affiancata anche da combustibili fossili) per produrre, in particolari impianti, energia elettrica, prodotti chimici o carburanti (per esempio l’etanolo): la CO2 sviluppata durante questi processi viene catturata e stivata nel terreno a grandi profondità. Per semplificare, la vegetazione è quindi il “mezzo” per sottrarre anidride carbonica all’atmosfera e concentrarla in una forma che può essere gestita più facilmente dalla tecnologia con lo scopo di allontanarla dal sistema, ottenendo l’agognato bilancio negativo.
Tenuto conto del fatto che circa il 60 % delle emissioni globali di CO2 proviene dalle centrali elettriche e dalle altre industrie alimentate a carbone, gas naturale e petrolio, la BECCS potrebbe essere la soluzione più efficiente per ottenere dei vantaggi rapidi.
I limiti di questa tecnologia sono però ancora molti e sono di carattere economico e tecnologico: da una parte c’è l'alto costo della cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), dall’altra c’è il problema che i combustibili da biomassa non hanno ancora raggiunto un’efficienza tale da renderli attraenti. Una delle soluzioni proposte per ovviare al problema, si basa sull’applicazione di una carbon tax i cui proventi dovrebbero andare per degli incentivi alle BECCS.
Sempre sul principio delle BECCS si basa l’azione del biochar, una sorta di carbone artificiale, derivato dagli scarti vegetali attraverso pirolisi, in grado di catturare in sé carbonio in modo “stabile” e utilizzabile come fertilizzante in agricoltura. Su questo materiale però i dubbi sono ancora molti.
Il rapporto del GCEP prende anche in considerazione la possibilità di sequestrare il carbonio in mare, attraverso l’aggiunta di carbonato di magnesio e altri minerali all’acqua, con lo scopo di ridurne l'acidità e sequestrare CO2 atmosferica. Anche in questo caso si parla di ipotesi che vanno ancora verificate accuratamente per individuare i rischi connessi.

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