Attualmente ci troviamo in una condizione per la quale in alcune parti del mondo si utilizzano grandi quantità di fertilizzanti che, in altre, sono quasi del tutto indisponibili.
Il risultato di questa situazione è che interi ecosistemi, nelle zone in cui si abusa di nutrienti, sono in pericolo per l’inquinamento, mentre nelle altre, ad esempio in Africa, rischiano di essere distrutti per lasciare spazio a campi che, sfruttando superfici sempre maggiori, permettano di ottenere sufficienti scorte di cibo.
Che un po’ di concime sia necessario alla produzione di colture, e quindi al sostentamento alimentare ed energetico dell’uomo, è indubbio, ma l’utilizzo di nutrienti come azoto, fosforo, potassio e microelementi (tra cui il calcio, zolfo, rame, zinco) va tenuto sotto controllo.
Per questo, nel corso della 17a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile nel 2009, è stata creata la Global Partnership on Nutrient Management (GPNM) con lo scopo di mettere in rete governi, politica, industria, comunità scientifica, organizzazioni della società civile e agenzie delle Nazioni Unite, sotto il coordinamento dell’UNEP (United Nations Environment Programme). Ora la GPNM ha redatto un rapporto in collaborazione con l’International Nitrogen Initiative per fare il punto sull’utilizzo di fertilizzanti e sul loro effetto sull’ambiente.
Ciò che emerge dalla pubblicazione è che, tra i vari fertilizzanti, quelli da monitorare con maggior attenzione sono il fosforo, il cui uso eccessivo rischia di inquinare le falde, e l’azoto, che, oltre a contaminare le acque, rischia di peggiorare la qualità dei terreni e quella dell’aria, influendo negativamente sui cambiamenti climatici a causa dell’emissione di protossido di azoto in atmosfera, gas serra molto attivo.
L’utilizzo di azoto e fosforo è aumentato in modo vertiginoso a partire dagli anni ’60 ed è stato calcolato che crescerà ancora del 40%-50%, parallelamente all’aumento delle esigenze alimentari dei paesi emergenti come quelli asiatici.
Tenuto conto del fatto che i fertilizzanti attuali hanno una bassa efficacia e che, ad esempio, in media, l’80% dell’azoto e fino al 75% del fosforo utilizzati vengono dispersi nell’ambiente, è necessario studiare delle strategie di gestione più efficaci per ridurne l’impatto ambientale.
Se si lavorerà in questa direzione, gli altissimi costi dei danni ambientali, ecologici e alla salute umana causati dall’inquinamento da azoto e stimati tra i 200 e i 2000 miliardi di dollari all’anno, potranno essere abbattuti.
Sarà necessario però intervenire in ogni fase: partendo da un utilizzo più oculato in agricoltura, si dovrà stare attenti anche al trattamento delle acque utilizzate e a un miglior riciclaggio dei fertilizzanti.
Qualcosa potrà fare anche il singolo individuo con le proprie scelte alimentari: gli scienziati sottolineano infatti che una riduzione del consumo delle proteine animali contribuirà a contenere l’inquinamento da fertilizzanti.
Una gestione più sostenibile delle sostanze nutritive permetterà inoltre anche ai paesi in via di sviluppo di crescere, eliminando la povertà e, nello stesso tempo, tutelando l’ambiente.
Che un po’ di concime sia necessario alla produzione di colture, e quindi al sostentamento alimentare ed energetico dell’uomo, è indubbio, ma l’utilizzo di nutrienti come azoto, fosforo, potassio e microelementi (tra cui il calcio, zolfo, rame, zinco) va tenuto sotto controllo.
Per questo, nel corso della 17a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile nel 2009, è stata creata la Global Partnership on Nutrient Management (GPNM) con lo scopo di mettere in rete governi, politica, industria, comunità scientifica, organizzazioni della società civile e agenzie delle Nazioni Unite, sotto il coordinamento dell’UNEP (United Nations Environment Programme). Ora la GPNM ha redatto un rapporto in collaborazione con l’International Nitrogen Initiative per fare il punto sull’utilizzo di fertilizzanti e sul loro effetto sull’ambiente.
Ciò che emerge dalla pubblicazione è che, tra i vari fertilizzanti, quelli da monitorare con maggior attenzione sono il fosforo, il cui uso eccessivo rischia di inquinare le falde, e l’azoto, che, oltre a contaminare le acque, rischia di peggiorare la qualità dei terreni e quella dell’aria, influendo negativamente sui cambiamenti climatici a causa dell’emissione di protossido di azoto in atmosfera, gas serra molto attivo.
L’utilizzo di azoto e fosforo è aumentato in modo vertiginoso a partire dagli anni ’60 ed è stato calcolato che crescerà ancora del 40%-50%, parallelamente all’aumento delle esigenze alimentari dei paesi emergenti come quelli asiatici.
Tenuto conto del fatto che i fertilizzanti attuali hanno una bassa efficacia e che, ad esempio, in media, l’80% dell’azoto e fino al 75% del fosforo utilizzati vengono dispersi nell’ambiente, è necessario studiare delle strategie di gestione più efficaci per ridurne l’impatto ambientale.
Se si lavorerà in questa direzione, gli altissimi costi dei danni ambientali, ecologici e alla salute umana causati dall’inquinamento da azoto e stimati tra i 200 e i 2000 miliardi di dollari all’anno, potranno essere abbattuti.
Sarà necessario però intervenire in ogni fase: partendo da un utilizzo più oculato in agricoltura, si dovrà stare attenti anche al trattamento delle acque utilizzate e a un miglior riciclaggio dei fertilizzanti.
Qualcosa potrà fare anche il singolo individuo con le proprie scelte alimentari: gli scienziati sottolineano infatti che una riduzione del consumo delle proteine animali contribuirà a contenere l’inquinamento da fertilizzanti.
Una gestione più sostenibile delle sostanze nutritive permetterà inoltre anche ai paesi in via di sviluppo di crescere, eliminando la povertà e, nello stesso tempo, tutelando l’ambiente.
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