L'Australia verso il riconoscimento dello status di "profugo per motivi climatici"


Forse, per la prima volta nella storia, una nazione riconoscerà lo status di rifugiato alle persone in fuga dai propri paesi a causa dei cambiamenti climatici.
In Australia, il Refugee Council, un organo consultivo finanziato da fondi statali che raccoglie molte associazioni che si occupano di profughi, ha ufficialmente comunicato al governo australiano che ritiene necessaria la creazione di una nuova categoria di rifugiati: i profughi per motivi climatici.

Il documento legale chiave a livello internazionale, la "Convenzione di Ginevra  relativa allo status dei rifugiati" del 1951, definisce il rifugiato come una persona "che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra".
La convenzione, stilata all'indomani della seconda guerra mondiale, non offre però protezione a coloro che affermano di essere messi in pericolo dai cambiamenti climatici, ma le cose potrebbero cambiare molto presto.
Secondo il Refugee Council, infatti, l'Australia ha bisogno di riconoscere formalmente questo tipo di profughi perché c'è una grossa probabilità che molto presto il cambiamento climatico nel Pacifico costringerà un gran numero di persone a fuggire dalle loro terre, letteralmente a rischio sparizione, per cercare rifugio in lidi più stabili.
A mostrare con chiarezza questo stato di cose è la situazione del Kiribati, una piccola nazione a cavallo dell'equatore. Formato da 33 piccoli atolli e innumerevoli isole, molte delle quali disabitate, lo staterello si estende per 5.000 chilometri attraverso l'Oceano Pacifico.
La maggior parte del suo territorio però è estremamente basso sul livello del mare, e l'innalzamento degli oceani e le tempeste più intense stanno inondando le sue coste, contaminando le vitali riserve di acqua dolce di alcuni atolli, distruggendo le coltivazioni e riducendo il terreno utile alla vita umana.
L'atollo principale del paese, Tarawa, è ormai pericolosamente sovraffollato, dato che sempre più persone provenienti dalle isole esterne si trasferiscono lì in cerca di lavoro e di protezione dai cambiamenti climatici.
Nonostante gli sforzi frenetici per arginare gli effetti del cambiamento climatico, come la costruzione di dighe e la protezione delle riserve di acqua dolce, il popolo del Kiribati ha ormai come unica prospettiva per la sopravvivenza l'emigrazione in massa: neanche l'acquisto di 3000 ettari di terreno agricolo nelle isole Fiji, annunciato il mese scorso dal governo del piccolo stato, sembra essere sufficiente per garantire la sua sussistenza.
Gli abitanti del Kiribati sono solo il primo esempio di una massa che è destinata a crescere nel tempo, e quale modo migliore di definire una persona che non può più tornare nel proprio paese, perché il paese stesso è stato cancellato dalle mappe geografiche, se non un rifugiato?

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