L'impatto ambientale delle nanoparticelle d'argento: il primo studio condotto dalla ricerca europea


Notizie curiose sul fronte della ricerca europea: uno dei progetti finanziati dal 7° Programma Quadro ha deciso di verificare l'impatto ambientale di un componente che, grazie alla sua azione antibatterica, è sempre più diffuso in ogni tipo di prodotti, in special modo nei detergenti: l'argento sotto forma di microparticelle.
Le proprietà del prezioso metallo sono note da tempo, tanto che esso è stato infatti utilizzato nel settore medico come biocida, ovvero come sostanza in grado di eliminare, rendere innocui, o esercitare un effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, sin dagli anni '30 del Novecento.


Oggi, nanoparticelle d'argento antimicrobiche sono utilizzate dall'industria in molti modi, ad esempio per prevenire gli odori sgradevoli causati dai batteri in magliette o calzini. Se da una parte le proprietà antibatteriche dell'argento sono sempre state apprezzate, dall'altra c'è sempre stata una certa preoccupazione per l'effetto che questo argento potrebbe avere quando viene rilasciato nelle acque di scarico durante il lavaggio.
La ricerca ha dimostrato che in effetti queste nanoparticelle presentano un certo rischio per l'ambiente, dato che durante i trattamenti delle acque reflue tendono a trasformarsi in solfuro di argento, ovvero una sostanza praticamente insolubile.
Alla ricerca di una conclusione definitiva sui rischi potenziali di questo materiale, l'Unione Europea ha deciso allora di istituire il progetto ProSuite, che ha analizzato l'impatto ambientale delle nanoparticelle d'argento rilasciate dalle magliette sportive durante il loro intero ciclo di vita, dall'estrazione delle materie prime fino al loro smaltimento.
I risultati hanno mostrato una duplice faccia: da una parte, questo tipo di materiale risulta efficace anche se viene utilizzato in quantità inferiori rispetto ad altri antimicrobici, quindi ha grossi vantaggi rispetto allo sfruttamento delle risorse naturali e ai carichi ambientali; dall'altra, però, in assoluto, il rilascio di argento nell'ambiente non sarebbe una prassi sostenibile. Ad esempio, uno studio basato sull'analisi di piante e animali in una zona umida sperimentale ha stabilito che le nanoparticelle d'argento si accumulano nella catena alimentare; inoltre, non è ancora chiaro come il rivestimento delle nanoparticelle possa influenzare il loro comportamento ambientale. 

La ricerca ProSuite, la prima del suo genere su un nanomateriale, ha scoperto però che una T-shirt trattata con nanoparticelle d'argento ha un impatto ambientale minore di una convenzionale se viene lavata meno spesso rispetto alla sua concorrente, cosa possibile grazie alle sue maggiori proprietà antimicrobiche; questa minor necessità di lavaggi compenserebbe anche un impatto ambientale leggermente superiore durante la produzione: in confronto a tutti i rilasci tossici durante il ciclo di vita di una T-shirt, le emissioni tossiche da nanoparticelle d'argento durante le operazioni di lavaggio sembrano quindi essere di scarsa rilevanza. Per tirare le somme, per adesso le nanoparticelle d'argento sembrano essere un biocida efficace con pochi inconvenienti, dato che non c'è nessuna evidenza di una sua tossicità.

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