Cambiamenti climatici e nuove rotte nel Mar Glaciale Artico


Un interessante studio che analizza le possibili ripercussioni del riscaldamento globale sulle rotte polari artiche è apparso sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences Plus. La ricerca è basata su previsioni climatiche indipendenti che coprono gli anni tra il 2040 e il 2059 e indaga l'accessibilità del Mare Glaciale Artico nel mese più propizio alla sua navigazione, cioè settembre. 

I ricercatori prendono in considerazione due scenari diversi: il primo prevede un incremento del 25% delle emissioni globali di CO2, cosa che dovrebbe produrre un aumento medio-basso delle temperature, mentre il secondo prende in considerazione una maggiorazione delle emissioni di un ulteriore 10%, che dovrebbe produrre una crescita delle temperature più consistente. In entrambi i casi, però, i cambiamenti sarebbero radicali: alla metà del secolo, i ghiacci sarebbero talmente sottili da permettere a navi rompighiaccio anche di modesta portata di navigare dal Pacifico all'Atlantico passando direttamente per il Polo Nord, e a navi normali di navigare indisturbate lungo rotte che adesso sono inaccessibili a chi non è scortato da rompighiaccio.
Uno dei due autori dello studio, Laurence C. Smith, è un'autorità sui cambiamenti climatici che interessano l'Artico, luogo dove le temperature medie sono salite più velocemente della media globale sin dalla metà degli anni '80: suo è il fondamentale studio "The World in 2050: Four Forces Shaping Civilization's Northern Future", che prende in considerazione le nuove opportunità economiche e i problemi ambientali che stanno prendendo forma nella parte più a nord dell'emisfero settentrionale. Insieme al coautore Scott R. Stephenson, i due hanno calcolato per la prima volta le conseguenze che il riscaldamento globale causerà alle rotte artiche e alle comunità e agli affari che da quelle dipendono.
Queste previsioni che arrivano oltre la metà del secolo possono sembrare distanti se guardate con gli occhi di chi vive oggi, ma è il periodo minimo per la pianificazione a lungo termine necessaria allo sviluppo delle rotte commerciali e alle azioni dei governi, che hanno bisogno di tempo per poter valutare la costruzione di nuovi porti, l'acquisizione di risorse e i problemi di giurisdizione che la nascita di nuove rotte possono comportare.
Ad esempio, il Canada ha sempre considerato il passaggio a nord ovest come acque territoriali canadesi, mentre per gli Stati Uniti esso dovrebbe avere lo status di acque internazionali: fino a quando il passaggio rimane essenzialmente non navigabile, questa disputa non rappresenta un problema, ma cosa potrebbe accadere nel momento in cui dovesse diventare una rotta affidabile?
I paesi che hanno la giurisdizione sulle acque infatti possono stabilire condizioni per concedere il passaggio di navi sul loro territorio: ad esempio, la Russia, che controlla la rotta marittima del nord, ora come ora richiede il pagamento di un pedaggio per permettere alle compagnie commerciali il transito sulle sue acque; evidentemente, l'apertura di nuove rotte commerciali permetterebbe alle compagnie di evitare questi costi.
Per quanto attraente da un punto di vista commerciale, la mancanza di regole pone però grossi problemi di ordine legale, ambientale e di sicurezza, che vanno affrontati quanto prima. La prospettiva di navi non equipaggiate pronte ad invadere il Mar Glaciale Artico nel periodo della tarda estate aumenta l'urgenza di norme internazionali globali che prevedano un'adeguata salvaguardia dell'ambiente, dei nuovi standard di sicurezza per le navi e aumentate capacità di ricerca e salvataggio.
Come concludono gli autori dello studio, infatti, "l'Artico è un luogo fragile e pericoloso".

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