Rapporto dell'IPCC sulla gestione del rischio derivato dai cambiamenti climatici

Gli eventi climatici e metereologici estremi, interagendo con i sistemi ambientali e umani più esposti e vulnerabili, possono creare dei veri e propri disastri naturali.
Lo studio Managing the risks of extreme events and disasters to advance climate change adaptation, rilasciato dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), cerca di capire e di gestire i rischi che questi estremi comportano, con l'obiettivo di migliorare la nostra adattabilità ai cambiamenti climatici.

In questi anni, infatti, non sono solo gli eventi climatici estremi a essere aumentati in frequenza e in ampiezza; anche le popolazioni e i beni a rischio si sono accresciuti grandemente: di conseguenza, le probabilità che alcuni eventi si trasformino in grandi disastri si sono fatte più alte. 
Le strategie per gestire questi rischi possono essere sviluppate sia su scala globale sia su scala locale, ma per avere successo hanno bisogno di grandi cambiamenti di prospettiva. Un esempio potrebbero essere le assicurazioni, che certo possono aiutare a finanziare aiuti e ricostruzioni, ma, per alcuni aspetti, rischiano di far abbassare la guardia dal punto di vista della prevenzione.
Le assicurazioni, quando vengono combinate con altre misure di gestione del rischio come i sistemi di early warning, possono rappresentare una garanzia per le popolazioni più esposte, ma, quando queste diventano l'unico mezzo di riduzione del rischio, possono creare una falsa sensazione di sicurezza che in realtà lascia le persone totalmente vulnerabili.
Ci sono però degli esempi virtuosi: un progetto pilota in Malawi, ad esempio, prevede delle micro-assicurazioni, vincolate a prestiti, che permettono agli agricoltori che le sottoscrivono di accedere a mezzi di produzione avanzati che aumentano la produttività: ciò permetterebbe, in caso di calamità naturali, di avere un margine di reddito, dovuto all'aumento di produttività, per ripartire con l'aiuto non esclusivo dell'assicurazione. Un altro progetto in Mongolia collega le polizze a metodi di protezione del bestiame dalle intemperie invernali estreme, per ridurne le perdite.
Il World Food Programme delle Nazioni Unite ha aiutato l'Unione Africana a creare la Africa risk capacity (ARC), una società che unisce una parte "assicurativa" e una "operativa" il cui obiettivo èquello di agire e tutelare i paesi aderenti in caso di siccità. Per accedere alle polizze, però, i paesi sottoscrittori devono dimostrare di avere dei piani di emergenza operativi in grado di evitare che le siccità o le calamità atmosferiche si trasformino in carestia e fame per milioni di persone.
I paesi a rischio, insomma, non possono permettersi di demandare la gestione del rischio alle assicurazioni, ma devono concentrarsi su come affrontare le loro vulnerabilità a livello individuale e comunitario, incrementando gli sforzi per rafforzare la preparazione alle catastrofi.
Basta un solo dato per capire come la situazione debba cambiare: nel 2011 sono stati spesi 13 miliardi di dollari per interventi umanitari di supporto e ricostruzione, ma meno dell'1% di quella cifra per la prevenzione e l'allerta, che rappresentano l'essenza stessa della resilienza.

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